Di che cosa si parlava nelle vecchie riviste femministe?
Effe: la più celebre e diffusa rivista del femminismo italiano
Buongiorno,
oggi si conclude la rubrica sulle vecchie riviste femministe con un pezzo su Effe scritto da Jennifer Guerra, giornalista e scrittrice che stimo molto e ospito volentieri su Femminismi.
Buona lettura
Anna
Effe: la rivista del femminismo italiano
Nel 1972 Gabriella Parca, nota autrice del libro collettivo Le italiane si confessano, fu licenziata da Amica, la rivista per cui lavorava. Frequentava con alcune amiche un circolo di fuoriuscite dall’MLD, il Movimento di liberazione della donna allora federato al Partito Radicale. Si ritrovavano a Roma in un appartamento di proprietà di Alma Sabatini, che più tardi tutte ricorderanno come l’autrice delle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana. Di fronte alla notizia del licenziamento di Parca, a una di loro venne l’idea di creare una rivista femminista, su modello del Ms. Magazine, fondata soltanto un anno prima da Gloria Steinem.
Così nacque Effe, la più celebre e diffusa rivista del femminismo italiano. Della redazione fecero parte, oltre che Gabriella Parca, altri nomi di importanti giornaliste italiane: Adele Cambria, Vanna Vannuccini, Grazia Francescato, Daniela Colombo. Agnese Di Donato realizzò la copertina del numero zero: un bellimbusto a petto nudo, coperto da una pelliccia bianca e con la zip dei pantaloni abbassata. “Chi è costui? Assolutamente nessuno. È l’equivalente delle donne seminude che si vedono sulle copertine dei rotocalchi”, si leggeva in prima pagina. Anche se doveva essere un settimanale, Effe riuscì a trovare un accordo col l’Editore Dedalo di Bari per stampare e distribuire un mensile, almeno all’inizio.
«L’editore avrebbe coperto i costi di stampa e distribuzione di un mensile, e ci avrebbe dato 200.000 lire per la redazione, affitto e telefono. Il che voleva dire non solo lavorare gratis, ma trovare nuovi modi per lavorare insieme e che, di conseguenza, l’anima “femminista” avrebbe avuto il sopravvento su quella “professionista”», ricorda Daniela Colombo in un testo scritto in occasione del progetto di digitalizzazione che ha reso disponibile Effe online, efferivistafemminista.it. Così cominciò l’avventura di questa importante rivista, che si concluse nel dicembre del 1982, quando il testimone era passato a una cooperativa di socie.
Nell’arco di dieci anni, Effe diventò un importantissimo punto di riferimento per il femminismo italiano. Diversamente da altre riviste più legate a specifiche esperienze, come il Sottosopra della Libreria delle donne di Milano o Differenze, che diventò la rivista dei collettivi femministi romani, Effe si diede sin da subito il compito di diventare un “periodico di informazione femminista” e di fare da collante fra le varie realtà dei movimenti italiani, ma anche globali, coinvolgendo un gran numero di collaboratrici provenienti dalle esperienze politiche più disparate.
Sin dal numero zero, Effe mescolò due vocazioni diverse: il giornalismo d’inchiesta, con reportage dal mondo del lavoro, dalla politica, dall’industria della bellezza, e la vera e propria informazione sullo stato del femminismo in Italia e nel mondo. Lasciando ampio spazio alle testimonianze dirette delle militanti del movimento delle donne, Effe riusciva a connettere i gruppi e i collettivi in un’epoca in cui i mezzi di comunicazione scarseggiavano. Ripercorrendo i numeri della rivista, è possibile ricostruire la complicata storia dei dibattiti interni al movimento, e talvolta anche all’interno della redazione stessa, riportati con onestà e diligenza.
Nel numero di dicembre del 1976, ad esempio, si dà conto della spaccatura che esisteva all’interno del femminismo italiano sulla legge sull’aborto. Anche se oggi tendiamo a considerare la legge 194 come una conquista unitaria del movimento delle donne, in realtà le posizioni sulla necessità di una legge erano molto diverse e a volte del tutto inconciliabili. Quell’anno durante il convegno del Partito Radicale a Napoli, che raccoglieva anche l’M.L.D., il Movimento di liberazione della donna, fu presentata la legge unitaria sull’aborto che unificava tutte le proposte fatte in precedenza dai partiti di sinistra e che scontentava le richieste delle femministe. Una delegazione chiamò una manifestazione di protesta contro la proposta di legge. Per il “Comitato romano anticoncezionali e aborto” si trattò di “una prevaricazione” di una minoranza “che ci imponeva l’aborto come un obiettivo rivendicativo immediato, mentre noi volevamo esprimere la violenza che c’è dietro ogni maternità e la violenza di chi se ne sente espropriata”.
Per il collettivo romano di via Pompeo Magno, invece, la proposta era un tentativo dei partiti di strumentalizzare la causa, perché “qualsiasi proposta di legge, non importa quale finalità si proponga, è contraria all’interesse delle donne”. Di simile avviso anche il collettivo milanese di via Col di Lana: “Non esprime tutto il Movimento delle Donne la proposta di legge che alcuni gruppi femministi hanno presentato in Parlamento. Non esprime ad esempio noi che, pur vivendo la contraddizione dell’aborto, non vogliamo che questa nostra sofferenza venga confermata e legiferata”.
Sebbene Effe fosse nato come risposta “femminile ai femminili” (ma diretti da uomini), come quell’Amica che aveva licenziato di punto in bianco Gabriella Parca, ben presto il femminismo vero e proprio prende il sopravvento. Perché come scrisse Parca nel primo editoriale, «Per noi di Effe il femminismo è innanzi tutto un nuovo umanesimo, che porta alla scoperta dalla donna come l’altro portò alla scoperta dell’uomo, liberandolo dai miti medievali in cui era irretito. E pur provenendo da esperienze politiche diverse, ma tutte nella stessa direzione, siamo convinte che solo attraverso la liberazione della donna si possa arrivare ad un reale, autentico rinnovamento della società».
La redazione di Effe (anno 1973, dall’archivio della rivista).